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La Basilicata e il sogno Texano


 

Di Aldo Cazzullo per il Corriere della Sera

Racconta Emilio Colombo che, mentre percorreva a dorso di mulo l’alta Val d’Agri per la campagna elettorale del 1946, i montanari con fare circospetto gli mostrarono una meraviglia nascosta presso Tramutola: una ferita della terra da cui colava un olio scuro. «Anni dopo, quand’ero sottosegretario all’Agricoltura, me ne ricordai e avvertii Mattei. L’Agip fece le sue ricerche ma non trovò nulla». Erano gli anni di Cortemaggiore: un binario morto di cui si è parlato a lungo. Poi i giacimenti furono scoperti in Basilicata, e se n’è parlato poco.

Il petrolio fu trovato nel 1988 ed estratto dieci anni dopo. Ma la corsa all’oro nero dura da quasi un secolo. Che ci fosse si è sempre saputo. Soltanto ora però si arriva a seimila metri di profondità. Dov’è nascosto il 6% del fabbisogno nazionale, che può diventare il 15%. Nel luogo santo della Basilicata, Viggiano, dove dal ’400 si venera la Madonna nera, patrona della regione. Si racconta in paese che i pastori fossero stati attratti dal gas che bruciava sulla cima del monte e abbiano trovato così la statua sepolta secoli prima dai monaci inseguiti dai saraceni. E’ parso coerente che l’oro nero zampillasse proprio là. Ora all’ombra del paese sorge il centro oli dell’Eni. Silos da cui esce vapore grigio, una torre rossa dalla fiamma perenne. Attorno, illuminati dai riflettori anche di mattina, i pozzi.

Il Texas d’Italia, è stato scritto. «No, l’Arcadia» sostiene Gaetano Fierro, per 15 anni sindaco di Potenza, ora assessore regionale alle attività produttive, che per dimostrarlo ha scritto dotti saggi sulle avventure dei viaggiatori settecenteschi alle prese con lupi, orsi, falconi, pietraie, lande deserte e zitte, laghi vulcanici e ora anche artificiali. Qui a Viggiano c’è l’invaso del Pertusillo, «fatto quand’ero ministro dell’Agricoltura» rievoca Colombo. Tra il lago e il centro oli, un vigneto secco e ischeletrito.

«Il petrolio ci sta avvelenando» accusa Filippo Massaro, democristiano di confessione Udc, presidente del comitato che unisce 30 comuni e capopopolo della protesta. «Ammine aromatiche, anidride solforosa, scarti dalla lavorazione del greggio, che qui viene separato dallo zolfo e dal metano e immesso nell’oleodotto, verso la raffineria di Taranto e le navi per la Turchia. Anche l’acqua la portano in Puglia. Qui non resta niente. Un centinaio appena di posti di lavoro. L’Eni aveva promesso la Fondazione Mattei per i giovani e un centro per il monitoraggio ambientale, ma non hanno ancora deciso il posto: vorrebbero fare la fondazione a Viggiano e il centro di controllo a Marsiconuovo, lontano dal centro oli; non sarebbe meglio il contrario? Nel frattempo si muore di cancro, almeno un caso per famiglia. La valle in teoria è diventata un parco naturale, dai confini mobili, che si spostano in caso di scoperta di un pozzo. Un giorno il petrolio finirà, e noi avremo abbandonato i meleti, le piste da sci, gli scavi archeologici di Grumento. E non c’è nessun controllo sui barili estratti. Chi ci garantisce che non ci stanno truffando? Hanno trattato la Basilicata come un Paese africano o asiatico in via di sviluppo!».

Parlare con gli ingegneri dell’Eni non è possibile. Fanno rispondere dagli uffici preposti che il calcolo dei barili è fiscalmente controllato dal ministero delle Finanze e dell’Ufficio misurazioni minerarie e indicato in tempo reale sul display presso la fiamma perenne. Che l’Eni 4 anni fa ha versato 10 miliardi per il centro di monitoraggio ambientale, ma la Regione ha concluso il progetto solo nel marzo scorso; nel frattempo è già attiva una centralina per il controllo dell’aria che segnala: tutto ok. Molti lucani hanno affiancato i tecnici Eni nel creare gli impianti, ora purtroppo non servono più ma restano pur sempre i 150 posti dell’indotto. Per la fondazione bisogna attendere che gli enti locali si mettano d’accordo sulla sede; «però l’Eni ha stanziato contributi sostanziosi per il patrimonio archeologico della valle».

Sostiene l’assessore Fierro che la verità sta nel mezzo: certo il petrolio è una delusione per chi attendeva lavoro e ricchezza, ma di morti per cancro non si ha notizia, l’Eni potrebbe essere più generoso ma lo è stata molto la Total, con cui Fierro e il presidente della Regione Bubbico (Ds) hanno appena firmato un accordo per lo sfruttamento di un altro giacimento da 300 milioni di barili, sempre in Val d’Agri, con un nuovo centro oli a Tempa Rossa. Oggi l’Eni paga alla Basilicata, oltre alle royalties fissate per legge al 7%, un sovrapprezzo di 91 centesimi al barile. La Total pagherà 2 euro e 30. Il vero oro nero è nascosto negli avveniristici palazzi della Regione, ai piedi del colle su cui sorge Potenza. Lo sa bene il temuto pm Woodcock che, dopo aver arrestato un centinaio tra imprenditori e politici per le tangenti sull'oleodotto, la settimana scorsa ha mandato avvisi di garanzia all’intera classe politica locale, complicando la corsa al governatorato già molto combattuta. Bubbico difende il posto reclamato dalla Margherita per il presidente del Consiglio regionale Vito De Filippo, a meno che non sia condannato nel processo intentatogli da Woodcock, e dall’Udeur per l’onorevole Antonio Potenza o per Fierro, nel frattempo indagati dall’attivissimo pm.

La Basilicata vota come una regione rossa e non lo è. «I lucani sono rimasti democristiani - sostiene Fierro -, ma si sono consegnati alla sinistra da quando Colombo si schierò con i Ds per evitare la bufera giudiziaria». Le statistiche sono sconfortanti, parlano di 100 mila disoccupati su 600 mila abitanti, avvertono che la Basilicata non sarà più «zona obiettivo 1» dell’Europa e non è ancora «zona franca» d’Italia con energia e benzina defiscalizzate come propone l’Udc. Eppure Potenza è città di impressionante dinamismo, tre quotidiani, traffico intenso ma gentile, i napoletani di montagna non sono ancora inaspriti come quelli veri, sorridono, si fermano sulle strisce pedonali, esercitano la gentilezza in forme che forestieri abituati a città maleducate possono scambiare per invadenza. La regione cresce, la Fiat a Melfi e il distretto del salotto a Matera, dove i Sassi che commossero De Gasperi ovviamente accompagnato da Colombo vengono ripopolati, 9 bed&breakfast aperti in un anno. Si progettano l’aeroporto di Potenza e l’autostrada che attraversi la regione da Est a Ovest.

Mattei non trovò il petrolio della Val d’Agri ma il metano del Basento. «Ero ministro dell’Industria quando dal Nord scesero a inaugurare tre stabilimenti: l’Eni, la Montecatini e la Pozzi - racconta Colombo -. Una giornata piena di sole e polvere: la Basentana era ancora da asfaltare. La superstrada fu progettata quand’ero al Tesoro, la inaugurammo quand’ero a Palazzo Chigi. I signori della Montecatini si fecero vedere una volta, e non tornarono mai più». Quelli della Pozzi sì, e non è detto sia stato un bene. A Ferrandina, lungo il Basento, si produceva il pvc, polivinilcloruro, come a Marghera. La fabbrica è chiusa da 35 anni e i suoi operai continuano ad ammalarsi, 68 le morti sospette, ma un’inchiesta regionale ha concluso che non è colpa del pvc, e certo in Val d’Agri non sarà mai colpa del petrolio. «I lucani non hanno mai molestato la loro Arcadia - filosofeggia Fierro -. Ora dobbiamo molestarla, perché il petrolio bisogna pur prenderlo, ma con prudenza, per non provocare terremoti, e con lungimiranza, per trattenere parte della ricchezza».

La Val d’Agri tra riflettori e pozzi non è più quella ma il petrolio era il suo destino, non a caso qui a Montemurro era nato Leonardo Sinisgalli, ingegnere poeta e inventore del cane a sei zampe dell'Agip. La Lucania non è un Far West; era un altrove. Due mari, le dolomiti quasi come a Cortina, le crete quasi come a Siena, le città fantasma come Craco, dove Mel Gibson ha girato l’impiccagione di Giuda. Anche Coppola è di queste parti, di Bernalda, e tornerà per un film, come ha già fatto Michele Placido. Dal Nord verranno i tecnici della Total, come un tempo Federico II, che dal castello di Melfi pubblicava il trattato sull'arte di cacciare con i falconi tuttora allevati in zona, e Mommsen che studiava il dialetto lucano (Der unteritalischen Dialekte), l’einaudiano De Martino che prese casa e Carlo Levi che vi fu confinato e vi è sepolto, i fuochi del Basento cari a Nigro e i briganti celebrati in un festival teatrale, le vecchie che non hanno smesso i veli neri fotografati da Cartier-Bresson e il display su cui i numeri rossi scorrono velocissimi e dicono che da ieri mattina sono già stati estratti 75.167 barili.