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La Procura riapre il caso del delitto di Pier Paolo Pasolini
Il procuratore Giovanni Ferrara della Procura della Repubblica di Roma, dopo le ultime rivelazioni di questi giorni sull'omicidio di Pier Paolo Pasolini, ha aperto un fascicolo intestato «atti relativi a», ossia senza ipotesi di reato e senza indagati. A seguire gli sviluppi sarà il procuratore aggiunto Italo Ormanni.
La Procura ha raccolto gli articoli di stampa, la memoria che l'avvocato Nino Marazzita già parte civile nel processo contro Pino Pelosi, le testimonianza dello stesso Pelosi e del regista Sergio Citti che in una intervista pubblicata su La Repubblica ha detto tra l'altro «so chi ha ucciso, Pelosi fu l'esca». I due saranno poi convocati in procura per essere interrogati.

Pino Pelosi,fu condannato a nove anni per l'omicidio di Pasolini. A trent'anni da quella condanna , ha ritrattato la confessione.

9 maggio 2005


Guido Calvi :Tra il massacro del Circeo e l'assassinio di Pasolini c'è un collegamento di contesto. Pier Paolo penserebbe così.
di Luca Gelmini su Il Corriere della Sera

Guido Calvi è senatore dei Ds ed è stato avvocato di parte civile della famiglia Pasolini.

Senatore, dopo 35 anni è ufficialmente riaperto il caso Pasolini. Soddisfatto?
«Era inevitabile che accadesse. Riaprire un fascicolo su quella vicenda era un atto doveroso innanzitutto dal punto di vista giuridico».

E adesso che l'indagine, contro ignoti, è stata riavviata?
«Stavolta ci sono elementi indizianti molto seri per avvicinarci alla verità su un delitto tanto oscuro».

Le prossime mosse?
«Si deve ripartire da Pelosi e dalle sue ultime dichiarazioni».

Si riferisce alla clamorosa ritrattazione di Pino Pelosi, condannato per l'omicidio del poeta. Pelosi ha chiamato in causa dei complici. Il fatto che lo abbia fatto in tv dopo 35 anni di silenzio non è un po' anomalo?
«Può essere anomalo, ma trovo più anomalo il fatto che all'epoca siano state condotte indagini pessime, anzi a dirla tutta indagini vere non sono mai state condotte».

La sua è un'accusa molto grave nei confronti degli inquirenti di allora.
«Nel luogo del delitto vi erano tracce, orme, indizi, impronte digitali. E’ stato tutto buttato via, gettato a mare. Perfino il dato più elementare, quello di circoscrivere il luogo dell'omicidio, è stato colpevolmente trascurato. Cose da paese del terzo mondo, di una inciviltà giuridica senza precedenti. Se dopo 35 anni si può rimediare a quell'incuria…».

Dopo così tanto tempo sarà dura, o no?
«Almeno ci tentiamo. Ma mi faccia dire. La macchina di Pasolini fu lasciata in un cortile per quattro giorni sotto la pioggia. Si prese per buono Pelosi e quello che diceva, perché faceva comodo. Durante l'istruttoria i periti non videro nemmeno le foto della scena del delitto. In dibattimento fu il nostro consulente a telefonarmi di notte e rivelarmi certi particolari. In quelle istantanee c'era la traccia del pneumatico dell'auto che sormontava la schiena di Pier Paolo determinandone la morte per schiacciamento del torace, e loro non sapevano nulla».

E adesso queste prove potrebbero portare ad altre condanne?
«Ricominciare l'indagine significa innanzitutto ricollocare la vicenda in quel contesto culturale».

A che cosa si riferisce?
«All'insofferenza tipica di certi ambienti della destra verso gli omosessuali. Non si dimentichi che quegli furono anche gli anni di Franca Rame stuprata da estremisti di destra. E poi c'è il Circeo».

Che cosa c'entra il massacro compiuto da Angelo Izzo con il delitto Pasolini?
«Non c'è collegamento diretto ma di contesto. In fondo il Circeo che cosa è stato? Un massacro di due innocenti compiuto da due psicopatici che mascheravano la loro omosessualità, tant'è che le due ragazze non furono violentate. Quello era il clima. Di rifiuto totale della diversità».

Quindi per lei Pasolini fu vittima di un agguato con implicazioni politiche?
«Bisogna intendersi su che cosa significa delitto politico. Anche un poeta come Garcia Lorca è stato ucciso per ragioni politiche. Per Pasolini è stato lo stesso. Si voleva colpire un uomo scomodo, una delle voci più alte delle intellettualità italiana del'900 che scriveva di stragi e di politica. Ammazzandolo si è impedito che quella voce parlasse ancora».

Lei che ha conosciuto Pasolini, fosse vivo che cosa penserebbe di tutto quello che sta succedendo ora?
«Pier Paolo era un uomo di una vitalità infinita. Sono certo che anche lui adombrerebbe le responsabilità di quanto accaduto, pur in una riflessione più ampia, al contesto culturale nel quale l'omicidio è maturato».

E' ottimista che alla fine la verità verrà fuori?
«C'è ancora una forte resistenza, vedremo. Certamente mi batterò perché l'omicidio di Pier Paolo non venga abbandonato un'altra volta nel buio della memoria».